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IN MEMORIAM di Fedele Lasaponara

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Fedele Lasaponara (Imperia il 24/10/1951- Torino 31/07/2020), urologo di vaglia, uomo acuto e generoso sempre pronto a mettere le persone a proprio agio

Fedele Lasaponara
Fedele Lasaponara (1951-2020)

E’ morto nel pieno vigore degli anni il dr. Fedele Lasaponara: morte improvvisa e imprevedibile che lo ha colpito la sera del 31 luglio scorso. Il periodo estivo crea una maggior calma che rende le informazioni meno tempestive e più frastagliate, così che con ritardo apprendiamo la notizia del ferale lutto.

Il lasso di tempo trascorso non attenua però, né tantomeno cancella, il dolore per la scomparsa dell’amico e del medico, e né diminuisce l’impulso di tracciare un profilo di Fedele “lo splendido”, come alcuni affettuosamente lo chiamavano. Sì, Fedele era uomo splendido, specchiato e trasparente, dal volto ampio con occhiali larghi e mandibola proporzionata: un volto che lasciava trasparire una straordinaria linearità interiore frutto della capacità di andare subito al nucleo dei problemi per risolverli. Non so dire se questa assenza di nodi interni fosse innata e spontanea o il risultato di un accurato e intenso lavoro su di sé, ma poco importa: Fedele era lineare e trasparente, e con poche parole andava presto al dunque delle questioni. Questa calma interiore si trasmetteva all’esterno già subito nel volto, che ispirava una fiducia immediata la quale veniva prontamente rafforzata da una voce calda e rotonda pronta a enunciare parole ben scandite e sempre misurate nel tono. Volto, voce e postura complessiva parevano fatte apposta per l’interlocutore a proprio agio.

Questo era Fedele, un uomo improntato a mettere gli altri a proprio agio e a farli star bene: ascoltava molto e con molto interesse, senza interrompere e spesso col sorriso anche quando i temi erano gravi e i problemi seri. Un sorriso largo e disteso che sapeva infondere tranquillità e sollecitava a vedere gli aspetti positivi della questione, che veniva poi scandagliata da domande pertinenti e acute. Fedele infondeva positività e con grande discrezione sollecitava i tratti buoni.

Quest’atteggiamento di fondo valeva sia per la pratica professionale sia per la riflessione culturale che per la vita comune. Non ho titoli particolari per parlare di Fedele come medico e lascio a altri il compito, ma vorrei ricordare almeno un tratto della sua attività degli ultimi anni: forse la sua generosità istintiva lo ha portato a occuparsi della salute delle persone in carcere. Una volta la settimana andava Cuneo per assolvere un impegno difficoltoso e trascurato dalla maggior parte dei medici (anche per buone ragioni), ma che è di straordinaria importanza sociale e apre le porte a un mondo spesso inesplorato: Fedele non ha trascurato anche questo mondo, affrontandolo con l’umiltà che gli era consueta.

Per quanto riguarda l’impegno culturale attinente alla bioetica, Fedele ha partecipato a diverse sessioni del Bioethical Club, era amico della Consulta di Bioetica non solo per rapporti personali ma anche perché per anni si è occupato di trapianti: tema centrale in bioetica. Il trapianto d’organi solleva questioni di grande delicatezza, e forse qui si sono affinate le sue capacità di ascolto e di immedesimazione che sopra sono state già rilevate: capacità che si estendevano non solo nel rapporto con le persone in carne e ossa, ma anche nell’analisi delle tematiche intellettuali e culturali. Come riusciva a entrare in sintonia con le persone più diverse, così Fedele riusciva a penetrare negli orizzonti culturali più variegati di cui, con straordinaria abilità, riusciva a esaminarne le diverse problematiche a partire dal loro interno: operava cioè quello sdoppiamento di prospettive che è richiesto per assumere (e rispettare) il punto di vista dell’altro. Forse per questo era uomo di grandi vedute e tollerante.

Sul piano personale aveva un senso dell’amicizia molto forte, e coltivava la sacralità degli affetti familiari. Quando parlava della moglie Silvana i suoi occhi si accendevano di una luce speciale che segnalava la particolarità del rapporto. Il discorso trasecolava quando si passava a parlare delle bambine: “avere figlie è tutto diverso che coi maschi …! Sai, già controllano la pettinatura e c’è da prestare attenzione a particolari cui non avevo mai dato importanza”. Con sobrietà e impegno, cercava di essere all’altezza delle nuove richieste.

Ultimo aspetto che voglio ricordare è che Fedele era un Biker appassionato, ma non fanatico: non so che moto avesse, ma so che dedicava qualche giorno all’anno a scorrazzare per l’Italia e per l’Europa, assaporando il gusto del viaggio all’aria aperta in compagina di affezionati ben scelti. Un tratto che rivela un carattere schietto e diretto, che non si priva di sensazioni raffinate. Qualche anno fa passò per la Toscana, e – lontano poche decine di chilometri da casa mia – mi telefonò per un saluto: lo invitai con calore a passare da me, perché avrei voluto vederlo in quella nuova veste! Con la consueta riservata delicatezza declinò l’invito non tanto per la distanza che ci separava, percorribile in una manciata di minuti, ma perché la deviazione avrebbe creato un problema al gruppo. Ancora una volta era l’attenzione per gli impegni presi e per gli altri a prevalere! Così, caro Fedele, ho perso l’opportunità di vederti in stile-biker: mi sarebbe piaciuto, perché ho provato più volte a immaginarti in quel ruolo, ma non ci sono mai riuscito.

Ora, dopo la tua dipartita, ho riprovato a sollecitare l’immaginazione per vederti biker-bardato viaggiare in formazione, ma il groppo alla gola rallenta il fiato, annebbia la vista e impedisce il processo mentale: meglio non insistere. Preferisco ricordarti biker-splendido come splendido sei stato come medico, uomo di cultura, amico, marito e padre. Grazie per l’esempio che ci hai dato, anche nelle cose minute, e … arrivederci sulle strade da te tanto amate.

Maurizio

Carrara, 29 agosto 2020.


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